(Lunedì - 19/09/1994)
«Capelli neri, occhi blu elettrico, avrò difficoltà ad ambientarmi e lo sai» Io
Questa sono io |
Zoom sui miei occhi |
Affrontare il primo giorno di scuola è sempre un trauma, soprattutto se bisogna inserirsi in una classe nuova, dove ci sono gruppi di persone che sono andati insieme a scuola dalle materne. Ora immagina se il nuovo arrivato fosse anche diverso dagli altri, è praticamente impossibile uscirne vivi! Io lo so bene, ci sono già passata. Mia zia mi guarda ottimista ed io faccio un mezzo sorriso solo per compiacerla, ma non sono per niente convinta. È ora di uscire, a malincuore prendo lo zaino ed esco dalla porta di “casa”.
Seguendo i miei cugini arrivo a scuola, prima di entrare, mi assicuro che ognuno abbia preso la corriera giusta (per quanto ne possa sapere io) e che le due più piccole si siano incamminate verso le scuole elementari (o almeno credo).
Quando se ne sono andati tutti, mi inoltro nella fitta foresta, per entrare nella tana del lupo, cioè volevo dire, per andare a scuola!
Appena entro dalla porta sembra che nessuno si sia accorto di me, ma sarà solo questione di secondi. La campanella suona, mia zia ha detto che mi hanno messa in seconda sezione "A", al secondo piano, ma non so a che porta. Salgo le scale veloce pregando che le persone continuino ad ignorarmi. Arrivata in cima, guardo a destra, poi a sinistra, ora dove devo andare? Vedo un bidello all'orizzonte, mi avvicino cauta alla preda.
Quando se ne sono andati tutti, mi inoltro nella fitta foresta, per entrare nella tana del lupo, cioè volevo dire, per andare a scuola!
Appena entro dalla porta sembra che nessuno si sia accorto di me, ma sarà solo questione di secondi. La campanella suona, mia zia ha detto che mi hanno messa in seconda sezione "A", al secondo piano, ma non so a che porta. Salgo le scale veloce pregando che le persone continuino ad ignorarmi. Arrivata in cima, guardo a destra, poi a sinistra, ora dove devo andare? Vedo un bidello all'orizzonte, mi avvicino cauta alla preda.
«Scusi» Io cercando di richiamare l'attenzione del soggetto
«Sì» Bidello, un uomo magro dai capelli arancioni e tenuti con il gel e gli occhi di colore violetto
(Foto bidello)
«Dove si trova la 2°A?» domando, il bidello alza lo sguardo dalla rivista accorgendosi finalmente di me, mi guarda perplesso.
«L’ultima aula in fondo, da quella parte» il bidello indica dietro di me, poi torna all'attenta lettura della sua rivista.
Mi giro e vado nella direzione indicata dal diligente bidello. Finalmente trovo l’aula, la porta è chiusa, la apro ed entro. Quando spunto dalla porta, più di venti occhi mi si puntano addosso, c’è un unico posto libero, il primo davanti attaccato alla finestra, vicino ad un ragazzo intento a fare non si sa cosa, mi avvicino.
«Posso mettermi vicino a te?» Io, il ragazzo non si muove di un millimetro, allora decido di passare da sotto il banco, è l’unico banco libero, quindi, anche se non mi vuole vicino a sé, mi dovrà accettare! Proprio quando raggiungo la sedia dalla porta entra una signora (la professoressa):
«Buongiorno a tutti» prof dai capelli viola gli occhioni lilla
«Buongiorno prof.» la classe, in coro.
La prof. si mette alla cattedra ed inizia a guardare in giro, poi dopo un giro di banchi fa:
«Vedo una faccia nuova - Come se fosse difficile notarmi!? - Come ti chiami?» la prof fissandomi con i suoi occhioni lilla
«Io sono Bea» Io. La mia voce interrompe il chiacchiericcio generale.
«Bea? Che nome è Bea?» Una voce sconosciuta che fa scoppiare a ridere un’altra voce, sempre sconosciuta.
«Alzati in piedi e vieni qui Bea - eseguo gli ordini, questa volta il mio vicino mi fa passare – Okay, da dove vieni?» prof
«Da Milano» Io
«Piacere, io sono la professoressa di inglese: Melanie. Benvenuta nella nostra scuola» prof
Gli occhi sono di colore lilla |
«Ora capisco perché ha quel nome, guarda lì, Isa!» La stessa voce di prima, verso la vicina.
«Ma che capelli ha!» L'altra voce. Lo sapevo, non potevano non notarmi ancora per molto, tutti mi guardano dalla testa ai piedi. Entra il bidello con un foglio, la prof esclama ad alta voce:
«Ora ti metto nel registro! Sogni Lucilla Bea» Prof. Dopo qualche sghignazzo la prof. mi manda a posto, fa l’appello poi per il resto dell’ora parla, parla, parla (tanto non la pagano nemmeno!). Quando finisce l’ora non faccio in tempo ad alzarmi dalla sedia che un’altra prof. è già entrata in classe, questa volta una donna dai lunghi capelli rosa e gli occhi fucsia sul viola. Dopo che mi sono dovuta subire vari commenti della prof., la quale dice di essere di diritto, sul mio aspetto e sul mio nome, l'insegnante ha preferito chiacchierare con i suoi vecchi alunni, anzi con le sue vecchie alunne (quelle due che prima avevano fatto le stesse cose della prof. in questione). Durante quell'ora ho provato a fare conoscenza con il mio vicino, ma senza risultato, più muto di un pesce. Quando suona la campanella, tutti si alzano, anche il pesce che ho come vicino.
la prof. di diritto, stesso vestito della foto... |
Una ragazza sorridente mi si avvicina.
«Piacere Cristina» La giovane dai capelli arancioni e gli occhi rossi, mi tende la mano
«Piacere Cristina» La giovane dai capelli arancioni e gli occhi rossi, mi tende la mano
Cristina, i suoi occhi non sono arancioni, ma rossi |
«Piacere Bea» stringo la sua mano. Mi si siede vicino e mi dice:
«È ricreazione è per quello che sono spariti tutti» Cristina
«Ecco perché!» Io esclamo, Cristina ride, la sua risata non è cattiva come quella di quell’altra, Rosa, come si chiama.
«Come fai ad avere i capelli così?» Cristina indicando i miei capelli.
«Giusto, i miei capelli, non lo so, sono nata così» Io alzando le spalle.
«Mi piacciono molto, posso toccarli?» Cristina sorridente avvicinando la sua mano alla mia testa.
«Ti piacciono?! Strano, io li ho sempre voluti come i vostri» Io, lei mi tocca i capelli.
«Avere i capelli come i nostri non è divertente se li hanno tutti, invece i tuoi sono speciali, che begli occhi!» Cristina avvicinando il suo viso al mio per poi allontanarsi subito.
«Grazie» Io non troppo convinta. Fin da piccola ho odiato i miei capelli ed i miei occhi perché mi rendevano diversa, come se fossi un fenomeno da baraccone. Volevo essere come gli altri, avere gli occhi viola, arancioni, rossi, fucsia, i capelli verdi, blu, indaco, azzurri, come Cristina che, con i suoi capelli arancioni e quegli occhi rossi, è bellissima. Lei, invece, mi ha appena detto che le piacciono i miei capelli ed i miei occhi proprio perché mi rendono diversa dagli altri.
«Allora vieni da Milano?» Cristina mollando la presa sui miei capelli.
«Sì» Io
«E perché sei venuta in questo paesino dimenticato da tutti?» Cristina
«Milano era troppo caotica, non mi piaceva più» Io cercando di non sembrarle troppo snob mentre lo dico
«Io darei non so cosa per vivere a Milano, con tutta quella la gente» Cristina, gli occhi le si illuminano
«Sì, ma dopo un po’ di anni mi sono stufata, non ne potevo più. Può sembrarti strano, però questo paese a me piace molto, è tranquillo» Io
«Comunque un giorno ci andrò, magari solo per visitarla, ma ci andrò!» Cristina esclama. Si vede che è una ragazza ostinata.
Cristina è già pronta per un’altra domanda, ma viene anticipata dal suono della campanella. La ricreazione è finita, la mia nuova compagna di classe si alza e si avvia verso il suo banco. L'ultimo ad entrare in classe è Kristopher (il mio vicino) un ragazzo dai capelli verdi tenuti a porcospino e gli occhi bianchi, seguito da un professore con una radio sotto il braccio, il quale ha gli occhi argento brillante e i capelli blu a caschetto, Rosa (la mia simpatica compagnia dei capelli rosa e gli occhi dello stesso colore) e la sua vicina Isabella (la sua compagna di banco dai capelli verde chiaro e gli occhi arancioni) escono.
Kristopher come aspetto, ha gli occhi bianchi ed è, ovviamente, molto meno sorridente |
il professore appena arrivato, ha gli occhi argentati |
«Bene bene, iniziamo con il consueto gioco della sedia?» il prof.
Ci crede dei bambini?! Mi guardo intorno ma sembra che gli altri siano quasi felici della proposta, così sto zitta, poi il professore si gira verso di me:
«Kristopher, mi dici chi è la ragazza di fianco a te?» prof.
«Si chiama Lucilla Bea Sogni, ha quattordici o quindici anni, è la mia vicina di banco per ancora un mese, poi non so più niente» Kristopher.
Il professore mi fissa come se fossi un animale strano, ma forse perché in fondo lo sono. Sta un po' ad osservarmi, poi si rivolge a Kristopher e fa:
«Dille chi sono, io attacco la radio» Prof., poi si gira ed inizia a litigare con un filo attorcigliato.
Kristopher si gira dal mio lato e mi dice:
«Lui è il nostro prof. di religione» Kristopher si rigira dall'altro lato. Insomma si è sprecato!
Il professore è riuscito a srotolare il filo, quindi attacca la radio poi si gira nuovamente verso la classe ed esclama:
«Forza, tutti in piedi! – si gira verso di me – Conosci le regole del gioco?» prof.
Mi viene un dubbio:
«Se è il gioco normale, sì» Io
«È se non fosse il gioco “normale”?» il prof. mi guarda divertito.
«Allora temo di non conoscere le regole» Io. L'insegnante ride.
«Prendete posto. - rivolta a tutti - Tranquilla, è il gioco normale» prof. rivolto solo a me, tiro un sospiro di sollievo e raggiungo una sedia.
Abbiamo fatto il gioco della sedia per tutta la sua lezione, poi per le due ore successive il professore di ginnastica, un uomo nei capelli color Puffo e gli occhi gialli, ci ha parlato di qualcosa di estremamente noioso. Alla fine dell’ultima lezione, suona la campanella e spariscono tutti. Io non ho voglia di andare a casa, così prendo moltissime stradine senza perdere di vista quella vera, che mi porterà a casa. Quando arrivo a casa è tardi.
Il professore di ginnastica, è un po' meno giovane |
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