Pianeta Terra nel pomeriggio...
Giovanna: "Finalmente sono uscita da scuola, non ci verrei, se non fosse obbligatorio farlo" penso uscendo dal portone dell'edificio.
"Ma tu ami la scuola!, nana" sento una voce.
Giovanna: "Finalmente sono uscita da scuola, non ci verrei, se non fosse obbligatorio farlo" penso uscendo dal portone dell'edificio.
"Ma tu ami la scuola!, nana" sento una voce.
Mi giro da tutti i lati ma non vedo nessuno.
"Forse me lo sono immaginato. Sarà meglio che mi sbrighi, devo presentarmi al posto di controllo fra dieci minuti." Penso mentre cammino verso le destinazione designata
Al mattino a scuola tutte le classi sono state informate di questa novità, molto probabilmente non solo loro dato che anche molti adulti si stanno dirigendo nella mia stessa direzione.
Anita: Finalmente sono arrivata, guardo uno stabile dal colore e dalla forma anonima con sopra un cartello con la scritta "posto di check up".
Le persone davanti e dietro di meno tutte la mia stessa faccia (inespressiva). Noto molto più indietro di me la mia compagna di banco e dietro di lei i miei genitori.
"Anche loro sono stati avvisati? - mi blocco un attimo - Ma loro chi? Di chi sto parlando?" Penso mentre la fila sta scorrendo verso l'interno, ricomincio a camminare anch'io e raggiungo la persona davanti a me
Emilio: Mi sembra strano fare questa fila solo controllare che stiamo tutti bene. I professori si sono raccomandati molto da quando è arrivata la circolare di fare questa visita.
"Forse me lo sono immaginato. Sarà meglio che mi sbrighi, devo presentarmi al posto di controllo fra dieci minuti." Penso mentre cammino verso le destinazione designata
Al mattino a scuola tutte le classi sono state informate di questa novità, molto probabilmente non solo loro dato che anche molti adulti si stanno dirigendo nella mia stessa direzione.
Anita: Finalmente sono arrivata, guardo uno stabile dal colore e dalla forma anonima con sopra un cartello con la scritta "posto di check up".
Le persone davanti e dietro di meno tutte la mia stessa faccia (inespressiva). Noto molto più indietro di me la mia compagna di banco e dietro di lei i miei genitori.
"Anche loro sono stati avvisati? - mi blocco un attimo - Ma loro chi? Di chi sto parlando?" Penso mentre la fila sta scorrendo verso l'interno, ricomincio a camminare anch'io e raggiungo la persona davanti a me
Emilio: Mi sembra strano fare questa fila solo controllare che stiamo tutti bene. I professori si sono raccomandati molto da quando è arrivata la circolare di fare questa visita.
«È per il vostro bene, prevenire è meglio che curare» il professore di lingua francese, un uomo dai capelli e gli occhi castani.
Un ragazzo dai capelli blu, più alto di me, dietro al quale mi trovo, scuote la testa. Mi sembra di conoscere quell'ammasso di capelli.
"Ma chi è? Dove l'ho già visto? O forse, mi sto sbagliando?"
Alfonso: Ho visto Anita tornare indietro verso casa, lei non mi ha notato, ha solamente salutato i nostri genitori che l'hanno guardata interrogativi, come se non si aspettassero quella mossa. Per un attimo, ma solo per un attimo, anche a me è sembrata normale, ma poi mi sono ritrovato a chiedermi il perché.
Scuoto la testa e cerco di non pensare più a queste cose, ma ecco che con questo movimento un nome mi entra di soppiatto nella testa, così come è arrivato appena mi fermo se ne va e non riesco neanche più a ricordarmi di quale fosse.
"Cos'ho oggi che non va?"
Elisa: Mi avvicino timorosa alla ragazza che si trova dietro la scrivania, è carina, con i capelli lunghi e mossi di colore nero e gli occhi viola
«Prego» la voce metallica della signorina, la quale mi indica una sedia.
Sulla scrivania una specie di scanner di colore bianco e con delle linee verdi a formare dei quadrati.
"Io dovrei dire che ho paura degli aghi? Paura? Cos'è la paura?"
L'impiegata mi osserva
«Appoggia pure il dito qui sopra» la donna dalla voce metallica mi suggerisce indicandomi quella specie di piccolo scanner, obediente poggio l'indice della mano destra, si sente un piccolo ronzio, qualche secondo dopo compare una lucina di colore rosso, l'impiegata di fronte a me sbatte le palpebre numerose volte
«Qualcosa non va, la luce dovrebbe essere rosa» la signorina dice con voce non troppo tranquilla
«E quindi?» le domando
«Devi andare all'ospedale, fai ulteriori accertamenti» l'impiegata si alza, prende un foglietto che stacca dal blocco note dietro di lei e con una penna segna qualcosa, poi me lo lascia.
Io la saluto, ed esco da quel piccolo edificio, simile a uno sgabuzzino.
Milena: Cammino verso l'ospedale, chiedendomi cosa voglia dire luce gialla, mi preparo al peggio, in fondo mia madre è morta per un tumore.
Guardo il cielo, prima era nebbioso, mentre adesso si sta rasserenando, forse per il tramonto riuscirò a vedere la luce del sole.
Professore francese |
"Ma chi è? Dove l'ho già visto? O forse, mi sto sbagliando?"
Alfonso: Ho visto Anita tornare indietro verso casa, lei non mi ha notato, ha solamente salutato i nostri genitori che l'hanno guardata interrogativi, come se non si aspettassero quella mossa. Per un attimo, ma solo per un attimo, anche a me è sembrata normale, ma poi mi sono ritrovato a chiedermi il perché.
Scuoto la testa e cerco di non pensare più a queste cose, ma ecco che con questo movimento un nome mi entra di soppiatto nella testa, così come è arrivato appena mi fermo se ne va e non riesco neanche più a ricordarmi di quale fosse.
"Cos'ho oggi che non va?"
Elisa: Mi avvicino timorosa alla ragazza che si trova dietro la scrivania, è carina, con i capelli lunghi e mossi di colore nero e gli occhi viola
Robotina |
«Prego» la voce metallica della signorina, la quale mi indica una sedia.
Sulla scrivania una specie di scanner di colore bianco e con delle linee verdi a formare dei quadrati.
"Io dovrei dire che ho paura degli aghi? Paura? Cos'è la paura?"
L'impiegata mi osserva
«Appoggia pure il dito qui sopra» la donna dalla voce metallica mi suggerisce indicandomi quella specie di piccolo scanner, obediente poggio l'indice della mano destra, si sente un piccolo ronzio, qualche secondo dopo compare una lucina di colore rosso, l'impiegata di fronte a me sbatte le palpebre numerose volte
«Qualcosa non va, la luce dovrebbe essere rosa» la signorina dice con voce non troppo tranquilla
«E quindi?» le domando
«Devi andare all'ospedale, fai ulteriori accertamenti» l'impiegata si alza, prende un foglietto che stacca dal blocco note dietro di lei e con una penna segna qualcosa, poi me lo lascia.
Io la saluto, ed esco da quel piccolo edificio, simile a uno sgabuzzino.
Milena: Cammino verso l'ospedale, chiedendomi cosa voglia dire luce gialla, mi preparo al peggio, in fondo mia madre è morta per un tumore.
Guardo il cielo, prima era nebbioso, mentre adesso si sta rasserenando, forse per il tramonto riuscirò a vedere la luce del sole.
"È come tutte le altre cose quindi perché sono così ansiosa di vederlo?"
Stringo quel foglietto che mi ha lasciato la segretaria ed allungo il passo verso l'ospedale cercando di non pensarci più.
Luca: Sono indeciso se entrare o non entrare, una ragazza dei capelli biondi raccolti in due codini mi passa davanti ed entra dalle porte dell'ospedale, sembra avere almeno un paio di anni più di me e anche più decisa. Tengo il foglietto con le istruzioni e passo attraverso le due porte, vado verso la reception e poi prendo il bigliettino con il numero. Guardo il tabellone e poi l'orologio
«Ciao» mi saluta la ragazza bionda che si trova a pochi passi da me, senza rendermene conto le sono andato vicino
«Ci conosciamo?» chiedo titubante, non mi sembrava di averla mai vista.
Stringo quel foglietto che mi ha lasciato la segretaria ed allungo il passo verso l'ospedale cercando di non pensarci più.
Luca: Sono indeciso se entrare o non entrare, una ragazza dei capelli biondi raccolti in due codini mi passa davanti ed entra dalle porte dell'ospedale, sembra avere almeno un paio di anni più di me e anche più decisa. Tengo il foglietto con le istruzioni e passo attraverso le due porte, vado verso la reception e poi prendo il bigliettino con il numero. Guardo il tabellone e poi l'orologio
«Ciao» mi saluta la ragazza bionda che si trova a pochi passi da me, senza rendermene conto le sono andato vicino
«Ci conosciamo?» chiedo titubante, non mi sembrava di averla mai vista.
«Scusa, ti devo aver confuso con qualcun altro» la bionda tornando a guardare di fronte a sé, invece io continuo a fissarla per qualche minuto finché non chiamano il suo numero.
Visione dell'occhio del nemico...
Don: Gli umani sono così creduloni, mi sembra impossibile di aver dovuto fingere di essere uno di loro per così tanto tempo.
Sono di ritorno dalla Terra, tutti gli umani stanno tornando alle loro dimore e tutti gli animali lo sono già.
Mi dirigo verso la botola che mi porterà verso il nostro mondo, un passaggio segreto che porta nel buio più totale o nella luce più disperata.
Sull'entrata incontro mia sorella, anche lei di ritorno dalla missione ed insieme rientriamo a casa, se così si può definire.
Fiona: Incontrare mio fratello dopo che lui si è divertito così tanto e a me è toccata tutta la parte noiosa, lo avrei riempito di botte, ma ho un contegno da mantenere perché sono la sorella maggiore. Adesso che ci penso, forse è proprio per questo che i miei fratelli mi considerano meno di 0, dovrei fare loro un discorsetto, senza considerare che non mi hanno mai dato neanche un amichetta con cui giocare, sono sempre stata l'unica donna in questo posto.
Sbuffo rumorosamente mentre cammino nel cunicolo che mi porterà alla cava degli smeraldi, mi chiedo perché Leo ha scelto proprio questo posto.
Sbuffo ancora e questa volta mio fratello se ne accorge.
«Fiona, per favore smettila, è snervante» mi sgrida Don, io faccio spallucce e non gli rispondo.
Leo (meglio conosciuto come la voce da dietro al muro o il ragazzino dai capelli verde chiaro):
Gioco con un anellino dorato che mi aveva regalato nostra madre, mentre osservo quella patina trasparente farsi sempre più spessa intorno ai vari pianeti. Finalmente gli altri si accorgeranno che non è proprio una buona scelta giocare con me. Tempo fa, ho deciso di voltare le spalle all'umanità, mi sono scelto degli alleati che volessero fare lo stesso, compresa la mia sorella Fiona e il mio fratellino adorato Don, ora abbiamo l'aspetto di quella volta, ma dentro non siamo più noi stessi, siamo un concentrato di poteri e tutto grazie a quel libro, ora dentro di noi sotto forma di cristalli colorati dalle forme una diversa dall'altra. Quel che resta della nostra vecchia esistenza è sempre rinchiuso dentro di noi non sotto forma di anello sigillato così che potessimo dimenticarcene quasi del tutto ma consci del fatto che purtroppo veniamo da lì, dalla Terra. Leggendo il manuale, abbiamo scoperto che il potere che ci concedeva non era sufficiente per distruggere l'odiato pianeta ma che per farlo ci sarebbe voluto la sfera magica, un antico manufatto nascosto in un posto lontano. Molti, l'hanno cercata e qualcuno ha lasciato degli indizi, i sentometri per rilevare la magia e delle strane pillole che formavano dei robot al contatto col terreno fedeli a chi li creava, con l'ausilio dei nuovi mezzi abbiamo continuato a seguire la pista, siamo riusciti ad arrivare al mondo dei folletti, un posto pieno di sfere magiche dove pensavamo ci fosse quella giusta, ma purtroppo non era così. Nella mia famiglia, non sono l'unico che odia la terra, anche Don l'ha sempre odiata, soprattutto gli abitanti del pianeta che reputa troppo stupidi. Quando ho deciso di creare questo nuovo mondo, ho scelto mio fratello come mia spalla destra, invece Fiona mi ha quasi fatto pena, non aveva più nessuno al mondo oltre noi, così ho dovuto accettarla nel nostro gruppo. Ammetto che è una donna molto potente e molto malvagia, ma purtroppo so che questo non è il suo mondo, qui si annoia. Fiona si divertiva a stuzzicare Orso, ma adesso non ha proprio niente da fare qui e tutte le volte che gli ho chiesto se avesse voluto andare in missione mi ha sempre detto che preferiva che prima ci andassero gli altri.
«Come sta andando Leo?» Fiona, decido che è arrivato il momento di buttare giù il divisorio, lo sgretolo con la mano libera
«Credevo che non ti avremmo più rivisto» ironizza Don con la faccia seria
«I preparativi sono tutti a posto, ancora qualche ora e i mondi inizieranno a subire gli effetti del tappo dei sentimenti» rispondo a Fiona ignorando mio fratello, lei sorride, uno di quei sorrisi che mi fanno credere di avere scelto bene di volerla avere al mio fianco in qualità di alleata.
«A me manca ancora mezzo settore» Don informa
«Purtroppo anche a me, sono solo venuta a prendere altre pillole» Fiona, nostro fratello annuisce facendo intendere che vale lo stesso per lui.
I due si dirigono verso un angolino della grotta, digitano un codice sulla tastiera trasparente e si apre un altro caveau pieno di cristalli, nascoste sulla destra una pila di piccole pillole.
Visione dell'occhio del nemico...
Don: Gli umani sono così creduloni, mi sembra impossibile di aver dovuto fingere di essere uno di loro per così tanto tempo.
Sono di ritorno dalla Terra, tutti gli umani stanno tornando alle loro dimore e tutti gli animali lo sono già.
Mi dirigo verso la botola che mi porterà verso il nostro mondo, un passaggio segreto che porta nel buio più totale o nella luce più disperata.
Sull'entrata incontro mia sorella, anche lei di ritorno dalla missione ed insieme rientriamo a casa, se così si può definire.
Fiona: Incontrare mio fratello dopo che lui si è divertito così tanto e a me è toccata tutta la parte noiosa, lo avrei riempito di botte, ma ho un contegno da mantenere perché sono la sorella maggiore. Adesso che ci penso, forse è proprio per questo che i miei fratelli mi considerano meno di 0, dovrei fare loro un discorsetto, senza considerare che non mi hanno mai dato neanche un amichetta con cui giocare, sono sempre stata l'unica donna in questo posto.
Sbuffo rumorosamente mentre cammino nel cunicolo che mi porterà alla cava degli smeraldi, mi chiedo perché Leo ha scelto proprio questo posto.
Sbuffo ancora e questa volta mio fratello se ne accorge.
«Fiona, per favore smettila, è snervante» mi sgrida Don, io faccio spallucce e non gli rispondo.
Leo (meglio conosciuto come la voce da dietro al muro o il ragazzino dai capelli verde chiaro):
Gioco con un anellino dorato che mi aveva regalato nostra madre, mentre osservo quella patina trasparente farsi sempre più spessa intorno ai vari pianeti. Finalmente gli altri si accorgeranno che non è proprio una buona scelta giocare con me. Tempo fa, ho deciso di voltare le spalle all'umanità, mi sono scelto degli alleati che volessero fare lo stesso, compresa la mia sorella Fiona e il mio fratellino adorato Don, ora abbiamo l'aspetto di quella volta, ma dentro non siamo più noi stessi, siamo un concentrato di poteri e tutto grazie a quel libro, ora dentro di noi sotto forma di cristalli colorati dalle forme una diversa dall'altra. Quel che resta della nostra vecchia esistenza è sempre rinchiuso dentro di noi non sotto forma di anello sigillato così che potessimo dimenticarcene quasi del tutto ma consci del fatto che purtroppo veniamo da lì, dalla Terra. Leggendo il manuale, abbiamo scoperto che il potere che ci concedeva non era sufficiente per distruggere l'odiato pianeta ma che per farlo ci sarebbe voluto la sfera magica, un antico manufatto nascosto in un posto lontano. Molti, l'hanno cercata e qualcuno ha lasciato degli indizi, i sentometri per rilevare la magia e delle strane pillole che formavano dei robot al contatto col terreno fedeli a chi li creava, con l'ausilio dei nuovi mezzi abbiamo continuato a seguire la pista, siamo riusciti ad arrivare al mondo dei folletti, un posto pieno di sfere magiche dove pensavamo ci fosse quella giusta, ma purtroppo non era così. Nella mia famiglia, non sono l'unico che odia la terra, anche Don l'ha sempre odiata, soprattutto gli abitanti del pianeta che reputa troppo stupidi. Quando ho deciso di creare questo nuovo mondo, ho scelto mio fratello come mia spalla destra, invece Fiona mi ha quasi fatto pena, non aveva più nessuno al mondo oltre noi, così ho dovuto accettarla nel nostro gruppo. Ammetto che è una donna molto potente e molto malvagia, ma purtroppo so che questo non è il suo mondo, qui si annoia. Fiona si divertiva a stuzzicare Orso, ma adesso non ha proprio niente da fare qui e tutte le volte che gli ho chiesto se avesse voluto andare in missione mi ha sempre detto che preferiva che prima ci andassero gli altri.
«Come sta andando Leo?» Fiona, decido che è arrivato il momento di buttare giù il divisorio, lo sgretolo con la mano libera
«Credevo che non ti avremmo più rivisto» ironizza Don con la faccia seria
«I preparativi sono tutti a posto, ancora qualche ora e i mondi inizieranno a subire gli effetti del tappo dei sentimenti» rispondo a Fiona ignorando mio fratello, lei sorride, uno di quei sorrisi che mi fanno credere di avere scelto bene di volerla avere al mio fianco in qualità di alleata.
«A me manca ancora mezzo settore» Don informa
«Purtroppo anche a me, sono solo venuta a prendere altre pillole» Fiona, nostro fratello annuisce facendo intendere che vale lo stesso per lui.
I due si dirigono verso un angolino della grotta, digitano un codice sulla tastiera trasparente e si apre un altro caveau pieno di cristalli, nascoste sulla destra una pila di piccole pillole.
Fiona se ne mette in tasca una metà e Don l'altra metà ed entrambi spariscono senza chiudere la porta.
"Posso lasciare anche così, tanto ormai non c'è più nessuno qui" penso continuando a giocare con l'anello dorato e ritornando a guardare il mio spettacolo preferito dentro la sfera.
Pianeta di luce, ormai è sera...
Piro: Mi sono sempre chiesto, perché quando parliamo dobbiamo ripetere sempre una parola in fondo alla frase e perché quella parola diventa parte del nostro nome. Penso di nuovo a questa faccenda, mentre bevo una tisana rilassante. La giornata è stata molto dura, sia io, che gli altri del mio team, abbiamo creato diverse case, eppure mi sembra di ricordare che c'è stato un periodo della mia vita, in cui ne costruivano anche di più, ma per una certa ragione che adesso non mi viene in mente, non mi sembra di essere mai stato così tanto stanco e demotivato come questa sera.
«Ne vuoi un'altra, cuso?» il barista, una specie di pecorella dagli occhi verdi, il suo sguardo vuoto come quello di tutti gli altri presenti
«No, grazie, piro» finisco di bere la mia tisana tranquillamente, ormai ne era rimasto solo un goccio e poi mi alzo per tornare a casa.
Kiki: «Qual è il tuo nome completo?, tepo» una specie di criceto dal pelo rossiccio e gli occhi neri
Corruccio le sopracciglia per la quarantesima volta durante questa conversazione, sono sicura che un tempo mi piacesse chiacchierare, anche se non sono sicura di cosa voglia dire la parola piacere, ma in questo momento proprio no.
«Kikiliata Mastrodontis Caninia, kiki» dico per la terza volta in cinque minuti e di nuovo il mio interlocutore mi osserva con quella faccia da criceto
«E come mai?, tepo» il soggetto, mi metto la zampa sugli occhi
«Perché sono un cane di piccola taglia con la vocazione da infermiera, kiki» rispondo esasperata, il tipo continua a guardarmi con quella faccia inebetita e io decido che è arrivato il momento di andare a casa senza aspettare la sua domanda successiva che tanto sarà come quella precedente, visto che soffre di amnesia.
Roro: Ripenso a quello che mi ha detto il professore sulla cerimonia per diventare adulto, in base alla mia scelta riguardo al lavoro futuro, dopo questo verrà scelto il mio nome completo. Guardo sconsolato fuori dalla finestra
"Cosa staranno facendo gli altri cuccioli dell'asilo? Si staranno divertendo?" La mia riflessione si ferma un attimo "Cosa vuol dire quella parola?" Mi trovo a pensare qualche minuto dopo, ma altri due secondi più tardi mi sono già dimenticato tutto. Vado verso la camera, mi infilo nel letto e mi preparo per il prossimo giorno nella scuola, uno degli ultimi.
Nana: La giornata è stata dura, abbiamo arato e seminato in tutti i campi, se penso che noi non mangiamo nemmeno mi chiedo come mai facciamo gli agricoltori e che fine fa tutto il cibo che prepariamo. Sono sicura di averlo saputo in tempo, ma ora proprio non me lo ricordo. Mi trascino fino a casa e poi mi metto seduta al tavolo. Non so nemmeno perché ne abbiamo uno, forse perché almeno ci sono delle sedie intorno da potersi appoggiare un attimo. Sospiro, appoggio i gomiti sul tavolo e la testa sulle zampette, neanche un minuto dopo sto già per addormentarmi quando un lampo si presenta nella mia testa.
«Giovanna, nana» dico ad alta voce, quel lampo ha portato con sé una ragazza dai capelli e occhi verdi, il sorriso un po' triste, dalla carnagione non proprio chiarissima dovuta all'eredità genetica lasciatale da sua madre
"Ma perché ho in mente questa persona e chi è?" il ricordo sta già scivolando via, ma io decido con una volontà di ferro di non lasciarlo andare e di continuare ad indagare, rischio un paio di volte di perderlo, ma continuo a lottare, così facendo finalmente riesco a mettere a fuoco altri dettagli e mi accorgo di conoscere bene quella persona, come se ci avessi vissuto insieme per un periodo di tempo, cosa assurda se penso che sono sempre rimasta qui. Quando mi sto di nuovo per addormentare, mi arriva il lampo di genio finale, Io non sono sempre rimasta su questa terra c'è stato un periodo in cui sono andata sul pianeta detto il grande mare e sono diventata la fatina di una Pretty Cure. Mi alzo e guardo fuori dalla finestra, in cielo non si vede neanche una stella.
«Devo fare qualcosa, devo avvisare gli altri, nana» dico, ma temporaneamente ho in mente solo una persona e non so come raggiungerla, quindi come posso fare?
Pianeta Terra, nella nostra parte, è notte inoltrata (verso l'una più o meno)...
La terra inizia a tremare, non solo in Italia, nei nostri paesini, ma in tutto il mondo, ogni specie vivente sta in allerta. Le varie protagoniste si svegliano, insieme ai loro cari si dirigono verso un posto sicuro indicato da dei megafoni installati all'interno delle varie città.
I luoghi sicuri sono i vari parchi, qui a coppie (ogni coppia in una città diversa) si trovano anche Giovanna, Anita, Milena e Elisa. Le quattro hanno perso le loro famiglie, quindi Alfonso si ritrova in un altro parco accompagnato da Emilio, mentre Luca si trova in un altro parco da solo. I sette, ognuno nel proprio cantuccio, tremano come delle foglie dato che le scosse non accennano a terminare, ma continuano ancora per molto tempo, fino all'alba.
Solo soletto, il povero Luca, tra una scossa e l'altra si ritrova a pensare di voler condividere quel momento con una persona a lui cara, dato che anche lui nella folla ha perso sia il fratellino che la madre, nella testa si propone un nome: Elisa. Il ragazzo apre gli occhi come se finora avesse dormito, questo nome porta con sé qualcosa. Luca adesso prova a non dimenticare quei sentimenti che stanno rinascendo in lui.
"Posso lasciare anche così, tanto ormai non c'è più nessuno qui" penso continuando a giocare con l'anello dorato e ritornando a guardare il mio spettacolo preferito dentro la sfera.
Pianeta di luce, ormai è sera...
Piro: Mi sono sempre chiesto, perché quando parliamo dobbiamo ripetere sempre una parola in fondo alla frase e perché quella parola diventa parte del nostro nome. Penso di nuovo a questa faccenda, mentre bevo una tisana rilassante. La giornata è stata molto dura, sia io, che gli altri del mio team, abbiamo creato diverse case, eppure mi sembra di ricordare che c'è stato un periodo della mia vita, in cui ne costruivano anche di più, ma per una certa ragione che adesso non mi viene in mente, non mi sembra di essere mai stato così tanto stanco e demotivato come questa sera.
«Ne vuoi un'altra, cuso?» il barista, una specie di pecorella dagli occhi verdi, il suo sguardo vuoto come quello di tutti gli altri presenti
Barista Cuso |
Kiki: «Qual è il tuo nome completo?, tepo» una specie di criceto dal pelo rossiccio e gli occhi neri
Tepo |
«Kikiliata Mastrodontis Caninia, kiki» dico per la terza volta in cinque minuti e di nuovo il mio interlocutore mi osserva con quella faccia da criceto
«E come mai?, tepo» il soggetto, mi metto la zampa sugli occhi
«Perché sono un cane di piccola taglia con la vocazione da infermiera, kiki» rispondo esasperata, il tipo continua a guardarmi con quella faccia inebetita e io decido che è arrivato il momento di andare a casa senza aspettare la sua domanda successiva che tanto sarà come quella precedente, visto che soffre di amnesia.
Roro: Ripenso a quello che mi ha detto il professore sulla cerimonia per diventare adulto, in base alla mia scelta riguardo al lavoro futuro, dopo questo verrà scelto il mio nome completo. Guardo sconsolato fuori dalla finestra
"Cosa staranno facendo gli altri cuccioli dell'asilo? Si staranno divertendo?" La mia riflessione si ferma un attimo "Cosa vuol dire quella parola?" Mi trovo a pensare qualche minuto dopo, ma altri due secondi più tardi mi sono già dimenticato tutto. Vado verso la camera, mi infilo nel letto e mi preparo per il prossimo giorno nella scuola, uno degli ultimi.
Nana: La giornata è stata dura, abbiamo arato e seminato in tutti i campi, se penso che noi non mangiamo nemmeno mi chiedo come mai facciamo gli agricoltori e che fine fa tutto il cibo che prepariamo. Sono sicura di averlo saputo in tempo, ma ora proprio non me lo ricordo. Mi trascino fino a casa e poi mi metto seduta al tavolo. Non so nemmeno perché ne abbiamo uno, forse perché almeno ci sono delle sedie intorno da potersi appoggiare un attimo. Sospiro, appoggio i gomiti sul tavolo e la testa sulle zampette, neanche un minuto dopo sto già per addormentarmi quando un lampo si presenta nella mia testa.
«Giovanna, nana» dico ad alta voce, quel lampo ha portato con sé una ragazza dai capelli e occhi verdi, il sorriso un po' triste, dalla carnagione non proprio chiarissima dovuta all'eredità genetica lasciatale da sua madre
"Ma perché ho in mente questa persona e chi è?" il ricordo sta già scivolando via, ma io decido con una volontà di ferro di non lasciarlo andare e di continuare ad indagare, rischio un paio di volte di perderlo, ma continuo a lottare, così facendo finalmente riesco a mettere a fuoco altri dettagli e mi accorgo di conoscere bene quella persona, come se ci avessi vissuto insieme per un periodo di tempo, cosa assurda se penso che sono sempre rimasta qui. Quando mi sto di nuovo per addormentare, mi arriva il lampo di genio finale, Io non sono sempre rimasta su questa terra c'è stato un periodo in cui sono andata sul pianeta detto il grande mare e sono diventata la fatina di una Pretty Cure. Mi alzo e guardo fuori dalla finestra, in cielo non si vede neanche una stella.
«Devo fare qualcosa, devo avvisare gli altri, nana» dico, ma temporaneamente ho in mente solo una persona e non so come raggiungerla, quindi come posso fare?
Pianeta Terra, nella nostra parte, è notte inoltrata (verso l'una più o meno)...
La terra inizia a tremare, non solo in Italia, nei nostri paesini, ma in tutto il mondo, ogni specie vivente sta in allerta. Le varie protagoniste si svegliano, insieme ai loro cari si dirigono verso un posto sicuro indicato da dei megafoni installati all'interno delle varie città.
I luoghi sicuri sono i vari parchi, qui a coppie (ogni coppia in una città diversa) si trovano anche Giovanna, Anita, Milena e Elisa. Le quattro hanno perso le loro famiglie, quindi Alfonso si ritrova in un altro parco accompagnato da Emilio, mentre Luca si trova in un altro parco da solo. I sette, ognuno nel proprio cantuccio, tremano come delle foglie dato che le scosse non accennano a terminare, ma continuano ancora per molto tempo, fino all'alba.
Solo soletto, il povero Luca, tra una scossa e l'altra si ritrova a pensare di voler condividere quel momento con una persona a lui cara, dato che anche lui nella folla ha perso sia il fratellino che la madre, nella testa si propone un nome: Elisa. Il ragazzo apre gli occhi come se finora avesse dormito, questo nome porta con sé qualcosa. Luca adesso prova a non dimenticare quei sentimenti che stanno rinascendo in lui.
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