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Lei e Lui: Dipende dai punti di vista (6)

Colgo l’occasione, mangio, prendo il portafoglio, lo metto nella mia borsa (portata da Milano), infilo la borsa al braccio ed esco. Cammino fino al primo negozio di fiori (visto che ancora la città non la conosco molto bene mi perdo un po’), poi vado al cimitero ed entro. Si potrebbe dire che più che un cimitero, questo sembri di più un parco, visto che nell'angolo ci sono anche dei giochi per i bambini, ma ciò non toglie che metta comunque tristezza.
Cammino fino a che non vedo due volti familiari, un uomo dei capelli bianchi e gli occhi arancioni è una donna dei capelli rosa chiaro e gli occhi rosa acceso, mi chino, metto i fiori.
«Ciao mamma, ciao papà, sapete, è meglio che alla fine vi abbiano messo qui, così posso venirvi a trovare più spesso. Immaginate se foste a Milano!» Io piangendo, guardo le loro foto che mi risultano un po’ sfocate per le lacrime. Non mi assomigliano per niente, si può quasi pensare che mi abbiano adottato. Me lo dicevano tutti.
Sto un po’ lì poi mi alzo, mi giro e sto per andarmene quando dal cancello vedo arrivare Kristopher, Che cosa ci fa lui qui? Mi ricompongo, chiudo la bocca e mi nascondo dietro al primo albero che incontro, lui continua ad andare verso il fondo. Mi sposto da un albero all'altro cercando di non farmi vedere, finalmente si ferma.
«Ciao nonno, scusa se non ti sono venuto a trovare prima, ma ho sempre avuto quella rompiscatole che mi seguiva – sbianco – A dir la verità è qui anche ora, ma non fa niente, tanto – sbianco ancora di più, già pronta a uscire con le mani in alto, ma - Certo che Rosa potrebbe anche farsi gli affari suoi, o mi sbaglio?» Kristopher girandosi verso un albero dietro di lui.
«Certo che ti sbagli, ormai dovresti saperlo!» Rosa ridacchia come una cornacchia (ho fatto la rima!).
«Che vuoi?» lui
«Ma come? È così che si trattano le ex fidanzate?» Rosa, a sentire quella frase casco per terra facendo tantissimo rumore.
«Chi è là? Un altro spione?» I ragazzi. Nessuna risposta, infatti mi stavo già dileguando verso l’uscita, o almeno era quello che volevo fare, perché proprio allora entra anche Cristina (spuntata da chissà dove dato che al mattino non era a scuola).
«Bea!» Cristina, le tappo la bocca e la porto dietro il muro di una “casetta”
«Sh, starei tentando di non farmi vedere o sentire» Io, poi la lascio andare.
«Che ci fai qui?» lei sottovoce
«Come? Non mi avevi chiesto di seguire il tuo gemellino?» Io sarcastica
«Ah giusto! – Fa la finta tonta? Bha – Allora cosa hai scoperto?» Diventando improvvisamente seria
«Solo che Kristopher e Rosa erano fidanzati» Io, facendo la gnorri
«Ma questo lo sapevano tutti!» Cristina, io la guardo
«Grazie di aver pensato a farmelo sapere» Io
«Non è una cosa di cui parla molto. In effetti è da quando si sono lasciati che lui è così strano» Cristina
«Adesso mi racconti tutto, se vogliamo capire cosa gli stia succedendo, dobbiamo mettere tutte le carte in tavola» (Io).

Si sente un rumore strano, tipo di chiave che chiude qualcosa, ma non ci facciamo troppo caso.
«Allora, è stato due anni fa, alle medie, lei non era ancora la Rosa che conosci. Ti può sembrare strano, ma era gentile, simpatica, socievole, eccetera. Mio fratello era innamorato di lei da anni, ma lei non se n’era mai accorta prima. Quell'anno però, non so perché, lei gli chiese di essere la sua fidanzata, capirai, per lui era un sogno che si avverava. Poco tempo dopo, però, si erano già separati e da allora lui non è più stato lo stesso e nemmeno lei. Non ho idea del perché si siano lasciati, o cosa sia successo. Questa è la fine» Cristina, tornando sorridente
«Le cose che mi sembrano più strane sono due: la prima, che Rosa sia stata buona, la seconda, che Kristopher sia stato innamorato, ma se lo dici tu, ci credo» Io molto scettica, poi ci alziamo e andiamo verso il cancello.
«Oh oh, è chiuso!» Cristina. Provo ad aprire, ma niente
«Ora che facciamo? Scusa, è tutta colpa mia!» Io
«Non fa niente» Cristina si siede, ormai è buio.
«C’È QUALCUNO?» Io, ma evidentemente no, dato che non mi risponde nessuno.
«È inutile, con il buio, dai cimiteri spariscono tutti, anche i morti» Cristina fa una faccia spiritata
«Se volevi essere spiritosa non ci sei riuscita» Io, tremando dopo l'affermazione 
«Scusa» Cristina tornando alla sua faccia normale.
Per tutta la notte siamo costrette a rimanere dentro, infatti il massimo che possiamo fare è colorare le sbarre e provare a forzare la serratura, dato che è impossibile scavalcare, cioè, Cristina colora il cancello con le tinte fluo permettendomi di vedere ed io provo a scassinare la serratura, ma senza successo.
Dopo una lunga nottata arriva l'alba (domenica 2 ottobre 1994). Cristina sta tremando, al buio non me n'ero accorta, non ho niente per coprirla. Provo a guardare nella borsa se c'è qualcosa che possa essere utile, finalmente lo trovo, un vecchio scialle tutto bucato, era di mia madre, mi salgono le lacrime, le ricaccio indietro, prendo lo scialle e glielo metto sulle spalle.

«Scusa, è l'unica cosa che ho trovato» Lo dico con la voce più neutra possibile, tentando di non far trapelare la tristezza che mi ha assalito, lei scuote la testa tremando, si sente un rumore
«Ragazze che ci fate qui? Non è posto per ragazze un cimitero! Perché non avete chiesto aiuto?» Un signore rotondetto dagli capelli per metà turchesi e per metà fucsia, una voglia rossa sotto l'occhio sinistro a forma di mezzo fiore e gli occhi fucsia aprendo il cancello, lo guardo con una faccia che dice "E secondo te non ci abbiamo provato?", ma metto subito da parte il sarcasmo. Cristina sta male e devo aiutarla, mi giro, l'aiuto ad alzarsi, il suo corpo bolle.

Lei e Lui
Il custode, ma in versione magra. Non ha le due macchie rosse sulla fronte e sotto l'occhio destro

L'uomo si avvicina. Appena riesco ad alzare Cristina dalla sedia improvvisata (una pietra), lei cade a terra perché non riesco a tenere il suo peso.
«Per favore, chiami un ambulanza» Mi giro verso l'uomo, sto tutto il tempo a vegliare Cristina, fino a che non arrivano i soccorsi e poi è come una serie di cose già viste: gli uomini che la caricano in ambulanza, io salgo con loro, perché, anche se non sino una parente, miracolosamente me lo permettono. I ricordi, ora, si fanno più intensi. Rivedo i miei genitori, io che corro inutilmente, disperata, verso l'ospedale, dopo aver appreso dell'incidente, i loro volti senza espressione. Svengo.

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